8 nov 2015

Capitolo 22 Il più Infido momento della sua vita 1937

       Ella BRANHAM esortò suo figlio a rimanere con lei la prima notte dopo la morte di Hope. Lei sapeva che i suoi bambini erano guardati dalla sig.ra Broy, ed Ella non voleva che Bill rimanesse da solo. Bill disse di no, voleva andare a casa. Anche se non c’era molto là—con 10 $ avrebbe potuto comprare tutto quello che c’era nelle due stanze—la piccola casa era la loro casa. Hope l’aveva tenuta pulita; le aveva dato un tocco del suo amore e l’aveva trasformata da ristretta e ordinaria casa in affitto, in una casa calda e invitante. 
     Appena Bill attraversò la porta d’ingresso, riconobbe di aver commesso un errore. Il luogo non gli dava nessun benvenuto; niente vita, nessun potere consolatore. Andò nella camera da letto e guardò in cima al letto pieghevole. Là, sotto un giornale, trovò la busta che Hope aveva menzionato. Bill rovesciò i nichelini e le monete da dieci centesimi sul copriletto e li contò. Erano in totale 2 $ e 80 centesimi —solo 20 centesimi in meno per il pagamento dell’anticipo necessario per il fucile calibro 22 che lui desiderava da più di un anno. Bill determinò nel suo cuore di spendere questi soldi per quel fucile; e —a dispetto delle centinaia di dollari di debito in conti medici—determinò che avrebbe pagato quel fucile a rate mensili, finché lo avesse posseduto in memoria della sua affezionata moglie.
       Si sdraiò sul letto, bramando di scappare nel sonno. Un topo era entrato nella stufa della cucina e frusciava tra la carta per l’accensione che era sulle grate. A Bill sembrò come se Hope aprisse gli involucri di certi dolciumi che lei teneva su di una mensola in cucina. Si alzò e chiuse la porta della cucina col piede. Il chimono di Hope era là, appeso su un gancio dietro alla porta. Ora lui si rese conto che avrebbe dovuto andare a casa di sua madre; tutto qui gli ricordava sua moglie distesa nell’obitorio. Bill nascose le sue guance bagnate nel materasso e sciolse il suo dolore.
       Una mano pesante bussò urgentemente sulla porta. Bill saltò giù e fece entrare Frank Broy e suo figlio Fletcher nella stanza. Frank disse: “Bill, ho delle cattive notizie per te”.
       “Lo so, Frank. Io ero con Hope, quando morì”.
       “Non è tutto. Anche la tua bambina sta morendo”.
       “Sharon”? Bill ansò. “Certamente, no”!
     “Sì. Il dott. Adair l’ha appena portata all’ospedale. Gli ha trovato la meningite. Il dottore afferma che non può vivere. Vieni, ti porterò là”.
       Invece di muoversi, Bill crollò sul pavimento. Frank e Fletcher lo aiutarono ad uscire fuori e salire sul camioncino di Frank.
   Quando Bill arrivò all’ospedale, il dott. Adair lo portò al laboratorio e gli permise di guardare attraverso un microscopio i campioni fluidi tolti dalla spina dorsale di Sharon. “È meningite tubercolare”, disse il dott. Adair malinconicamente. “L’ha presa da sua madre. Di solito il bacillo della tubercolosi si ferma nei polmoni, ma qualche volta riesce ad andare nella circolazione del sangue e raggiungere le meningi che coprono il cervello. Ciò è quello che è accaduto a tua figlia. Mi dispiace, Bill, ma a questo punto non c’è completamente più nulla che noi possiamo fare per lei”. “Dove è, doc? Voglio vederla”.
     “Lei è giù di sotto in isolamento, però tu non puoi andare a vederla. E’ infettiva”.
     “Non m’interessa se muoio; devo vedere Sharon ancora una volta”.
       Con difficoltà, il dott. Adair lo trattenne dalla sua risoluzione. “Tu non puoi farlo, Bill. La meningite è estremamente contagiosa. Potresti portarla fuori sul tuo cappotto e contagiare Billy Paul”. Bill si sedette e nascose la sua faccia tra le mani, singhiozzando, “Solo portami del cloroformio che possa morire con lei. Cos’è ora la mia vita? Tutto quello che amo se né andato”.
      Il dott. Adair sentì l’angoscia del suo amico come se fosse la sua. “Bill, stai qui. Cercherò un’infermiera che ti porti qualche cosa che allevierà il dolore”.
       Appena il dott. Adair lasciò la stanza, Bill filò via da un’altra porta e scese giù nel sotterraneo. Sharon Rose giaceva su di un lettino a sbarre, gemendo e spasimando. Un pezzo di tela leggera e trasparente era stato adagiato sul suo corpo come zanzariera, ma con il suo scalciare e il torcersi l’aveva tolto via ed ora due mosche succhiavano l’umidità dai suoi occhi. Bill scacciò via le mosche e riposizionò la rete. “Sharon”, disse dolcemente.
       Quando girò la testa per guardare verso di lui, le sue labbra cominciarono a tremare. Aveva sofferto così tanto che i suoi occhi erano diventati strabici.
     Bill si lasciò cadere sulle ginocchia, chiuse gli occhi e congiunse le mani. “Oh, Dio caro”, pregò: “Tu hai preso la mia cara moglie ed ora stai prendendo la mia bambina! Per favore non prendere la mia piccola figliola. Io sono colui che ha sbagliato; Tu dovresti prendere me. Mi dispiace che ho ascoltato qualcun altro invece di Te. Cercherò di non farlo mai più di nuovo. Dio, Andrò da quelle persone che lei ha chiamato ‘immondizia’ e ‘risciacquatura’ e non mi curerò di chi mi chiama santo – rotolante. Farò tutto quello che Tu vuoi che io faccia; solamente per favore, non lasciar morire la mia bambina”.
       Appena aprì gli occhi, vide quello che sembrava un lenzuolo nero che scendeva giù tra Sharon e lui. Aveva visto la stessa cosa, mentre pregava per Hope lo scorso Natale. Comprese che Dio aveva rifiutato la sua preghiera.
   Quell’istante fu il momento più infido della sua vita. Inginocchiatosi sul duro pavimento in quel reparto d’isolamento nei sotterranei, con la sua bambina di nove mesi morente di fronte a lui, il tentatore venne al suo fianco e bisbigliò: “Tu dici che Dio è amore. E’ questo l’amore? Quanto energicamente hai predicato la Sua Parola e quanto duro hai cercato di vivere per Lui, ed ora quando si tratta della vita della tua bambina, Egli ti respinge! Allora, che genere di Dio servi”?
       Per un minuto Bill vacillò incerto sulla linea di demarcazione. Poi la sua risposta venne, salendo su da una sorgente di forza nascosta nel profondo della sua anima: “Come Giobbe in antico disse: “Il Signore ha dato, e il Signore ha tolto; benedetto sia il nome del Signore”. Oh, Dio, io non so perché stai lacerandomi così, ma questo non cambia la mia fede per Te. Anche se mi uccidi, ancora avrò fiducia in Te. Io credo in Te”.
       Si alzò e per l’ultima volta si chinò sul lettino di sua figlia. “Sharon, dopo che gli angeli avranno portato la tua anima lassù ad incontrare tua madre, ti seppellirò là, nelle braccia di tua madre”.
       Amelia Hope Branham fu seppellita sabato, 24 luglio 1937, al cimitero di Walnut Ridge in un appezzamento che suo padre aveva acquistato per lui e sua moglie. Sharon Rose morì il giorno dopo. Il lunedì mattina l’impresario di pompe funebri riaprì la tomba di Hope e la piccola bara di Sharon fu posta sopra quella di sua madre. Bill aveva mantenuto la sua promessa; aveva seppellito Sharon Rose nelle braccia di sua madre.
       Le settimane seguenti Bill attraversò una situazione difficile, di dolore insopportabile. I suoi giorni sembravano senza fine; le sue notti erano spesso un’insonne tortura. Ogni giorno della settimana si sforzava di andare a lavorare. Sapeva che doveva pagare i debiti delle parcelle mediche e quello gli diede una ragione per continuare a vivere. Nei pomeriggi andava a prendere Billy Paul alla casa dei Broy, cucinava la cena, poi camminava ore per le strade, portando suo figlio sulle spalle.
       Un giorno, dopo il lavoro, Bill mise suo figlio giù sugli scalini anteriori e andò verso il cortile posteriore per controllare il suo cane da caccia che lui teneva legato sotto un albero di quercia, in fondo al suo terreno. Billy Paul chiese: “Papà, dove è la mamma”?
      Bill aveva risposto a quella domanda centinaia di volte, ma Billy Paul a due anni non era abbastanza grande da capire. “Lei è in cielo. E’ andata a vedere Gesù”.
       “Quando ritornerà? Io la voglio”.
      “Non ritorna, Billy, ma tu ed io andremo a vederla un giorno o l’altro”.
      Bill s’incamminò di nuovo lungo il percorso dietro la casa. Billy Paul puntò il suo dito verso il cielo. “Papà, guarda! Ho visto la mamma lassù su quella nube”.
       Quello era troppo per Bill. Prostrato, faccia in giù sul viottolo, rimase per un’ora là, fermo immobile, mentre Billy Paul seduto sui gradini piangeva per sua madre. Bill alla fine riuscì a radunare le forze per alzarsi, riportò Billy Paul alla casa dei Broy e lo lasciò là per la notte. Mentre camminava su verso Walnut Ridge, prima che arrivasse al cimitero, una macchina gli si accostò e si fermò. Il sig. Isler, un senatore dell’Indiana che viveva nella zona, uscì dalla sua macchina. “Dove stai andando, Billy? Su al cimitero”? “Si”
       “Questa non è la prima volta che ti vedo camminare su questa collina. Cosa fai lassù”?
       “Mi siedo presso la tomba di mia moglie e mia figlia ed ascolto il vento che suona la musica tra gli alberi. “Che genere di musica suona”?
      Bill ripeté il primo verso di un inno di chiesa. “C’è una terra oltre il fiume per sempre gradevole, e noi raggiungeremo quella sponda solamente per decreto di fede. Uno per volta arriveremo al portale, là dimoreremo con gli immortali; un giorno o l’altro suoneranno quelle campane dorate per te e me”.
      Il senatore Isler strinse tutte e due le mani di Bill nelle sue. “Billy, io voglio chiederti qualcosa. Ti ho visto predicare agli angoli delle strade finché sembrava che tu stessi per cadere morto. Ti ho visto su e giù per le strade rispondere alle chiamate degli ammalati a tutte le ore della notte. Dopo tutte queste difficoltà che hai avuto, Cristo cosa significa ora per te”?
       “Lui è tutto quello che mi è rimasto, sig. Isler. Lui è la mia vita, il mio tutto, il mio fine. Lui è l’unica cosa solida nella vita alla quale posso ancorarmi”.
        Il sig. Isler scosse la testa. “Dopo che Lui ha preso tua moglie e la tua bambina, vuoi ancora servirLo”? “Anche se Lui mi uccide, avrò ancora fiducia in Lui”.
       La mattina seguente di buon ora Bill doveva riparare una linea elettrica secondaria, danneggiata lungo l’autostrada 150, vicino a new Albany. Messi gli speroni e la cinghia di sicurezza, si arrampicò sul palo della corrente, fermandosi sotto la traversa. Hope e Sharon Rose erano assiduamente nella sua mente. Poteva capire perché Dio prese sua moglie, ma la sua bambina? Perché Dio prese la sua piccola bimba?
       Mentre lavorava, cantava il vecchio inno Evangelico, “Su una collina lontana stava una vecchia, rozza croce, l’emblema della sofferenza e della vergogna; era su quella vecchia croce che Gesù soffrì e morì; e per un mondo di peccatori perduti fu ucciso”. Proprio in quel momento il sole fece capolino sopra gli alberi all’orizzonte, i raggi del sole, colpendolo creavano un’ombra sul pendio della collina vicino a lui –l‘ombra di un uomo in croce.
       “Proprio così”, singhiozzò, “I miei peccati Ti misero là, Gesù. Io sono colpevole come chiunque altro”. Improvvisamente un’idea confusa attraversò la sua mente. Approfittando di questa confusione, il diavolo l’esortò a togliersi la vita. Bill guardò i suoi guanti di gomma pesante, poi alla linea di trasmissione primaria da 2300 Volt che correva accanto alla secondaria. Considerò le possibilità. Era sbagliato – molto sbagliato; ma in qualche modo, a questo punto, col suo pensiero offuscato dalla disperazione, lo sbagliato gli sembrò giusto. Togliendo via uno dei suoi guanti protettivi, disse: “Caro Dio, odio fare questo, ma sono un codardo. Non posso proprio continuare a vivere senza di loro”. Allungò la mano scoperta verso il conduttore primario di 2.300 Volt, sapendo che quando l’avrebbe afferrato, la corrente gli avrebbe fatto bollire il sangue e ridotto in pezzi le sue ossa. “Sharon, Papà sta venendo a vedere te e Mamma”.
       Lui non seppe mai ciò che accadde dopo. Quando rinvenne, si trovò seduto per terra con la sua cintura di sicurezza ancora appesa intorno al palo. Il sudore copriva il suo corpo e tremava senza controllo. Sentendosi incapace di lavorare ancora per quel giorno, gettò i suoi attrezzi dietro all’autocarro di servizio e ritornò a casa.
       Molte lettere riempivano la sua cassetta della posta sul portico anteriore. Bill le prese e le portò dentro, spargendole sulla tavola in cucina. Oltre le solite bollette mensili, una lettera era piuttosto inaspettata. Proveniva dalla sua banca ed era indirizzata alla “Signorina Sharon Rose Branham”. Le mani di Bill tremavano, mentre strappava la falda. Poi capì. La banca stava ritornandole 80 centesimi. Bill si era dimenticato del libretto di risparmio che aveva aperto per Sharon alcuni giorni prima di Natale. Ciò fu poco prima che...
       Il suo argine mentale cedesse, allagando la sua mente con quei terribili ricordi. Lui pregò: “Gesù, quando ero bambino, molte volte soffrivo la fame e il freddo. Tutti ridevano di me e mi chiamavano effeminato. Io mi sentivo così solo. Dopo che divenni Cristiano, Tu mi desti una piccola casa ed una famiglia. Ho cercato di vivere con rettitudine. Ora Tu mi hai portato via tutto. Sono così tormentato; non posso più proseguire in questo modo. Oh, Dio, perché non prendi anche me”?
    Di nuovo il diavolo entrò come una nebbia, offuscando la ragione e il buon senso nella mente di Bill. Per un momento Bill perse la vista della guida di Dio. In quell’infido momento, satana l’esortò al peggior piano d’azione possibile che lui potesse prendere. Bill teneva la sua rivoltella di guardiacaccia pronta in una fondina appesa su un chiodo dietro alla porta della cucina. Prese questa pistola in mano, s’inginocchiò sul pavimento vicino ad una brandina militare a ridosso della stufa. Mise la canna alla testa, alzò il cane e premette il grilletto, mentre pregava ad alta voce, “Padre Nostro che sei nel cielo, sia santificato il Tuo Nome. Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà”... Tirò il più forte e tenacemente che poteva quel grilletto ben lubrificato, ma non si spostò. Ci mise tutta la forza che gli era rimasta, ma ugualmente quella sottile mezzaluna d’acciaio non si spostava. Alla fine si arrese e lanciò da parte la pistola. Quando toccò il pavimento, il colpo partì ed una pallottola colpì e attraversò il muro.
      Bill crollò sulla brandina. “Oh, Dio, mi stai facendo a pezzi. Non vuoi nemmeno lasciarmi morire”.
       Infine pianse ed esausto si addormentò—e sognò. Non era un tipico sogno, dai velati contorni e una vaga cognizione. La visione aveva i contorni netti e distinti, rimasero nella sua memoria chiari come se fosse davvero stato là.
    Sognò di essere in qualche luogo in una prateria all’Ovest, camminava lungo una strada deserta, cantando una ballata popolare del West, “C’è una ruota del carretto che è rotta, ed il cartello sul ranch dice ‘In vendita’”... Bill s’avvicinò ad un vecchio carretto coperto, del genere che i primi coloni chiamavano: “Schooner”. Una delle ruote anteriori del carro era rotta, facendo sì che l’angolo del carretto toccasse per terra. Vicino al carro dove era appoggiata la ruota rotta di legno, una signora abbastanza giovane stava in piedi, guardandolo. Il vento soffiava sui suoi biondi e lunghi capelli. I suoi occhi blu brillavano nel sole. Come Bill si avvicinò, si tolse il cappello da cowboy e la salutò allegramente, “Buongiorno, signorina”
       Lei rispose, “Buongiorno, papà”.
     Bill si fermò e fissò questa bella donna vestita di bianco. Lei sembrò avere circa 20 anni. “Perché, signorina, come posso essere tuo papà, quando avrò pressoché la tua età”?
      Il suo sorriso si allargò, mostrando dei denti perfetti. “Papà, tu non sai proprio dove sei. Sulla terra io ero la tua piccola Sharon Rose”.
       “Sharon? Ma—ma tu eri solo una piccola bambina”.
       Non ci sono bambini qui, papà. Noi abbiamo tutti la stessa età; siamo immortali. Dove è mio fratello, Billy Paul”? “L’ho lasciato solo poco tempo fa con la sig.ra Broy”.
       Sharon disse: “Io aspetterò qui Billy Paul. Perché non vai su a vedere la mamma? Lei sta aspettandoti su alla tua nuova casa”.
       “Casa nuova? I Branham non hanno mai avuto case; noi siamo stati sempre poveri vagabondi”. “Tu hai una casa qui, Papà. Guarda”.
    Lei gli indicò la strada. Là alla fine del sentiero c’era un magnifico palazzo appollaiato in cima ad una collina. Il sole era appena calato dietro il tetto dell’abitazione, ed ora i raggi del sole si espandevano fuori in ogni direzione come luci di segnalazione che guidano i viaggiatori stanchi al porto. Bill camminava lungo la strada con le mani su in aria, cantando “Casa mia, dolce casa”...
       Una lunga scalinata conduceva dal fondo della collina fin su alla porta d’ingresso. Hope aspettava sulla soglia, vestita di bianco, con i suoi lunghi capelli e neri spiegati alla brezza. Bill balzò sulla scalinata, prendendo tre scalini alla volta. Quando giunse al pianerottolo, precipitò ai suoi piedi. Hope l’esortò dolcemente ad alzarsi. Bill disse: “Hope, ho appena incontrato Sharon giù sulla strada. E’ diventata una tale bella giovane signora”.
       “Sì, Bill. Devi smettere di preoccuparti per me e Sharon”.
     “Tesoro, non posso farci niente. Io sono così malinconico per entrambe; e Billy Paul piange sempre per voi. Io non so cosa fare con lui”.
   “Io e Sharon stiamo meglio di te. Promettimi che non ti preoccuperai più per noi”. Hope mise un braccio sulla sua spalla e gli accarezzò la schiena, come lei faceva così spesso sulla terra. “Bill, sembri così stanco. Ti stai sciupando pregando per gli ammalati. Entra con me, puoi sederti e riposare”.
       Lui entrò con lei nell’abitazione, e là c’era una poltrona verde Morris, precisamente come quella che lui aveva perso a causa della società finanziaria perché lui non fu in grado di onorare i pagamenti.
       Hope disse: “Ricordi quella poltrona”?
       Un nodo si formò nella gola di Bill. “Come la ricordo bene”.
       “Questa non la prenderanno”, lei lo assicurò. “E’ già pagata”.
       “Io non capisco”.
     “Devi ritornare ora, Bill. Promettimi che non ti preoccuperai più per me e Sharon”.
       “Hope, non posso prometterlo”.
       Ma Hope improvvisamente svanì e Bill si svegliò. Era ancora in ginocchio sulla brandina nell’oscurità della sua cucina. S’alzò e si guardò in giro per la stanza oscura. Gli sembrò come di sentire un braccio invisibile sulla sua spalla. “Hope, sei tu”? Sembrò come se gli stesse accarezzando la schiena. “Hope, sei qui nella stanza”? Stava immaginandolo? Poteva sentirla sussurrare, “Promettimi che non ti preoccuperai”.
       Bill, rispose: “Hope, lo prometto”.